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Posts Tagged ‘archivi’

Purtroppo non viene aggiornato da novembre 2007, ma il titolo del blog è fantastico, e anche l’ultimo post pubblicato.

Le mie speranze intorno al mio lavoro come archivista e alle possibilità concrete di esercitare questo mestiere pur amatissimo, sono quasi del tutto tramontate. Più che altro è scattato qualcosa dentro, il senso di fallimento è diventato più acuto, soprattutto dopo il concorso di Pavia, ma nello stesso tempo più sopportabile, più definito. Il lutto non è ancora compiuto, il cuore mi si stringe ancora. Se penso a tutti i miei skills archivistici, così…inutili!

Ultimamente inoltre constato che anche chi ha provato più di me a rimanere nell’ambito, e ha lavorato gratis per anni, e poi è stata “pagata” una miseria per altri n anni (e diciamola tutta, chi poteva permettersi di non guadagnare molto poco per anni? L’archivista è  – come tanti altri – un mestiere per ricchi, in cui vige un regime di concorrenza sleale !), ora sta attraversando un periodo di grande crisi. Il lavoro è sempre precario, a fronte di un impegno solo un po’ inferiore rispetto al mio. Gli anni sono passati, siamo tutte invecchiate (sono tutte donne). Abbiamo tutte meno uova, e cominciamo a contarle (metaforicamente parlando, o forse no ?).

Non so chi stia meglio. Io forse ho guadagnato di più, mi sono potuta permettere un’analisi costosissima. Non sono scesa a compromessi sul mio plusvalore lavorativo, ho lavorato in posti molto diversi, ho imparato a fare cose diverse, a stare in ambienti diversi. Lavorativamente sono sicura di me (ho cambiato spesso lavoro, so cosa posso dare e so anche che dove mi metti sto, e posso dare un discreto contributo). Professionalmente però sono un pastiche di cose di un livello genericamente medio, a tratti medio-alto, a tratti no. Non è sempre un vantaggio. Sono tutto e niente.

E sono comunque rimasta orfana del mio mestiere. Ho sempre lavorato facendomi violenza, in ambiti che mi interessavano ben poco, sforzandomi tantissimo. Lacrime e Sangue. Sudore e Vomito. Il pane senza le rose. Quello che avevo scelto, per il quale ho studiato e che rendeva il funzionamento delle sinapsi del cervello qualcosa di più che una locuzione abusata. Il lavoro che fa alzare volentieri la mattina, o che spinge a dare il meglio perchè in gioco c’è più di una parte di sè. Quello l’ho sperimentato solo poche volte. A tratti, sempre per poco tempo. Un coitus interruptus.

Eppure l’archivista è un mestiere che rende la mia lingua sciolta, il mio cuore generoso, la mente aperta e la visione lucida. Ho nel cuore – veramente – le persone che mi hanno ringraziato per aver tramesso – anche solo per un seminario – la passione per il lavoro d’archivio (Gloria e Giuliana, Vanna e Cristina, Maria e Andreina). Magari non sarà l’unico mestiere che mi permetterà di sperimentare queste cose, ma è come la mamma, il primo amore, la prima volta. Non si scorda mai.

Forse visto che il lavoro d’archivio è un lavoro simbolico (come l’analisi), e una volta che si è stati “dentro”, in quanto tale non si smette di farlo così, da un giorno all’altro, io sarò sempre un’archivista, e l’odore di un archivio mi farà sempre venire il groppo in gola.

Ora c’è il concorso. Finalmente. Mah. Certo che lo faccio. Certo che ci provo. Certo che va bene provare anche un’altra regione, perchè – tanto per cambiare – per la mia non è stato previsto neanche un posto. Ma sono molto triste.

In fondo nella mia bigger picture c’è un lavoro completamente diverso (o forse no?)

E a questo punto ritorno al post di partenza, e alla sua chiusura profetica:

I just hope I live to see it. Just like I hope I live to see flying cars on the Beltway

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